giovedì 29 giugno 2017

Deep Purple The Long Goodbye Tour - Assago, 27/6/2017

Vivere i concerti dal parterre è ben altra cosa, rispetto a vederli dalle tribune. Ci si ritrova nella calca, nel vivo della scena, a pochi metri dal palco e immersi nel caldo infernale della folla che inneggia alle star sul palco, e quando questi sono delle leggende del rock la serata assume contorni magici.

Eravamo proprio lì, sotto al palco ad attendere i Deep Purple, il cui live ad Assago è stato aperto dagli ottimi Tyler Bryant & The Shakedowns che hanno regalato quasi un'ora di hard rock divertente ed energico al punto giusto per scaldare la folla prima che alle 21 salisse sul palco la band capitanata da Ian Gillian. E appena sono partite le note di Time for Bedlam, tratta dall'ultimo album Infinite, è sgorgata l'energia del rock della band che ha travolto la platea per un'ora e quaranta della migliore musica di ogni tempo.

In questo tour in gruppo attinge da brani appartenenti a tutta la loro carriera, eseguendo sia i pezzi storici sia quelli nuovi. Infatti oltre ai classici come Fireball, Space Truckin' o Strange Kind of Woman, il gruppo ha eseguito quattro pezzi da Infinite e due da Now What?! del 2013. Questa scelta comporta ovviamente che dalla scaletta vengano esclusi pezzi storici come Highway Star o Child in Time, ma poco importa perché la scelta dei brani resta comunque ottima.

L'esecuzione dei pezzi è stata impreziosita da lunghi assoli di chitarra di Steve Morse e di tastiera di Don Airey che servono in parte a consentire a Gillian di riprendere fiato; infatti nonostante la prova più che soddisfacente, il cantante è forse quello che risente più del peso degli anni perché se l'estensione vocale è immutata e gli acuti sono ancora quelli degli anni migliori, lo stesso non si può dire della potenza. Nel suo lungo assolo, Airey ha aggiunto qualche frammento di La Donna è Mobile e di Nessun Dorma, aggiungendo un pizzico di italianità a questa serata milanese.

Il concerto si è chiuso con gli immancabili Smoke On The Water, Hush (introdotta dal Peter Gunn Theme) e da Black Night al termine dei quali Glover ha ricambiato l'affetto del pubblico lanciando i propri plettri alla folla.

Lasciando il Forum resta il ricordo di una serata storica, una di quelle in cui la storia del rock si ferma a Milano. E resta anche la consapevolezza che se questo è davvero il tour di addio della band, i quattro di Hertford lasciano i palchi in splendida forma e ancora pienamente in grado di reggere la scena; perché se è vero che Gillian è in debito di energia, i musicisti suonano ancora come quando erano all'apice della carriera.

E se, come sembra, questa serata storia non potrà ripetersi, resta almeno la felicità di esserci stati.

lunedì 26 giugno 2017

Chuck Berry - Chuck

In occasione del suo novantesimo compleanno nell'ottobre del 2016, Chuck Berry annunciò sui social network di star registrando il suo nuovo album, il primo da Rock It del 1979. Il leggendario cantante fece in tempo a completare la registrazione del nuovo disco, intitolato proprio Chuck, ma non a vederlo pubblicato perché il 18 marzo di quest'anno spirò nella sua casa di Saint Charles nel Missouri.

L'album è stato comunque pubblicato il 9 giugno del 2017 ed è composto di dieci tracce che lasciano traspirare quanto ispirato e in forze fosse Chuck durante le sessioni di registrazione. La musica di Chuck Berry resta fedele al rock and roll degli anni 50 che lo rese famoso e questa impronta è chiara fin dalle prime tracce. Il disco si apre infatti con due pezzi veloci e divertenti come nella sua migliore tradizione: Wonderful Woman, che ricorda nella melodia You Never Can Tell, e Big Boys il cui riff iniziale ricorda molto quello di Johnny B. Goode e di Roll Over Beethoven, ma non è una sorpresa che Chuck riutilizzi alcune melodie in più pezzi visto che lo ha fatto più di una volta durante la sua brillante carriera. Un riff simile apre anche Lady B. Goode il cui rimando al passato è fin troppo ovvio. Un altro brano che chiaramente si ricollega alle origini è il melodico Jamaica Moon che ricorda per sonorità e per le atmosfere caraibiche Havana Moon tratto da After School Session del 1957.

Chuck Berry non attinge solo dal proprio passato rock and roll ma anche dal blues che è da sempre una delle colonne portanti della sue musica. Nel disco troviamo infatti due blues lenti ispirati alla tradizione del delta del Mississippi, Ducthman e Eyes of Man, in cui Chuck abbandona il canto per passare al parlato nello stile del talking blues inventato da John Lee Hooker. Dalle sonorità tipicamente blues è anche la melodica cover dello standard You Got to My Head in cui Chuck duetta con la figlia Ingrid.

Tra i momenti più melodici del disco troviamo anche Darlin e She Still Loves You, due pezzi lenti sorretti dal suono del piano. In ultimo nel disco è presente un brano un po' diverso e un po' più scherzoso intitolato 3/4 Time (Enchiladas) che come suggerisce il titolo stesso è caratterizzato da un allegro tempo in 3/4.

E' superfluo dire che questo album rappresenta il testamento musicale di Chuck Berry, ciò che invece va sottolineato è da questo disco emerge come Chuck a novant'anni avesse ancora voglia di scrivere e incidere della buona musica fatta per divertire senza mai essere scontata. E' vero che nella sua lunga carriera Chuck Berry non si è mai allontanato dal proprio modello iniziale, e questo disco lo conferma, ma è anche vero che la stragrande maggioranza della musica rock nata dagli anni 50 in avanti discende da lui come testimoniato dall'incredibile numero di cover dei suoi pezzi che sono state realizzate dagli artisti più disparati. E questo nuovo album non è solo un testamento, ma anche l'ennesima prova che il lascito culturale di Chuck Berry, che nel disco compare non solo come cantante e autore ma anche come chitarrista, è enorme e inestimabile e che nonostante l'età avanzatissima la sua capacità creativa non è mai calata.

martedì 20 giugno 2017

Jimmy Page e Robert Plant - Walking Into Clarksdale

A metà degli anni novanta, dopo più di dieci anni dallo scioglimento dei Led Zeppelin seguito alla morte del batterista John Bonham, Jimmy Page e Robert Plant unirono di nuovo le proprie carriere per la realizzazione di due album. Il primo di essi fu il live No Quarter, dal titolo di un pezzo dei Led Zeppelin dall'album Houses of the Holy, pubblicato nel 1994 in cui il duo reinterpretò alcuni classici dell band e alcuni brani nuovi coadiuvati da un'orchestra egiziana e da un gruppo di strumenti a corda marocchino. Il secondo album registrato dal duo durante la temporanea reunion è invece un intero disco di inediti registrati in studio intitolato Walking Into Clarksdale e pubblicato nei primi mesi del 1998.

Walking Into Clarksdale è forse l'unico album mai uscito che fa veramente rivivere i fasti dei Led Zeppelin dopo il loro scioglimento, sebbene le melodie siano notevolmente diverse da quelle del quartetto emerge comunque una continuità musicale e il desiderio di sperimentazione che ha sempre contraddistinto i dischi della band.

Già dal primo ascolto si coglie quanto il disco sia melodico sia nella musica, in cui ovviamente spicca la chitarra di Page, che nel canto di Plant. L'album si apre con due brani solari e gioiosi come Shining in the Light e When the World Was Young, la seconda in particolare mostra un bel cambio di tempo tra la strofa lenta e il ritornello più veloce. Subito dopo troviamo sonorità più maestose ed epiche con Upon a Golden Horse, le stesse sonorità epiche si trovano in Most High, il pezzo più noto del disco che uscì anche in singolo e di cui fu realizzato un video, che riprende la sonorità mediorientali e magrebine che avevano caratterizzato il live No Quarter.

Nel disco sono presenti anche due ballad dal suono piuttosto tradizionale, quali Blue Train e Heart in Your Hand. Oltre a queste tra i pezzi più melodici troviamo il bellissimo midtempo Please Read the Letter dal testo particolarmente interessante che narra della bramosia per la donna amata a cui è stato lasciato un messaggio sulla porta di casa, Plant in seguito ricantò lo stesso brano nell'album Raising Sand realizzato con Alison Krauss nel 2007 notevolmente rallentato trasformando così il midtempo in una ballad. Altro brano melodico è When I Was a Child, dal ritmo lento e sognante che tende verso il dream pop.

Nell'album non mancano pezzi di hard rock puro più simili alla tradizione musicale dei Led Zeppelin come House of Love, che richiama le origini blues della band, e Burning Up, dal suono più sostenuto grazie anche a lunghe parti strumentali di chitarra. Anche la title track si ricollega al passato della band, con sonorità complesse e ricche di cambi di tempo e di stile a formare un blues rock ispirato proprio alla città di Clarksdale nel delta del Mississippi.

L'ultima traccia dei disco è un divertente e veloce rock and roll intitolato Sons of Freedom ed è forse il pezzo più veloce e vivace dell'intero disco.

Oltre alle dodici tracce ufficiali che compaiono nell'album, durante le sessioni di Waking Into Clarksdale ne furono incise altre due. La prima di esse è The Window, pubblicata come b-side di Most High il cui suono è davvero stupefacente perché non assomiglia a nulla di ciò che i due hanno fatto in passato, si tratta infatti di un trip hop molto lento dalle atmosfere oniriche che richiama molte produzioni di fine anni 90, ma lontanissimo dalla tradizione musicale dei Led Zeppelin. Il pezzo è una piccola gemma, semi sconosciuta, che dimostra come i due si trovino bene anche in sentieri ben lontani dal rock. La seconda traccia non inclusa nell'album è Whiskey from the Glass che è presente nel CD come bonus track solo nell'edizione giapponese; il pezzo, ricco di distorsioni, è molto simile a Most High ed è forse per questo che non ha trovato posto nella composizione finale dell'album

In conclusionem Walking Into Clarksdale è un disco di altissimo valore ma purtroppo largamente sottovalutato; la ricchezza del suo suono dimostra come Page e Plant non abbiano perso nulla della loro creatività nemmeno venticinque anni dopo il disco d'esordio, come abbiano saputo ammodernare il proprio repertorio e adeguarsi anche al rock di fine anni 90 non rinunciando alle contaminazioni musicali che da sempre hanno contraddistinto le loro incisioni. Ma soprattutto è l'unico album al di fuori della discografia dei Led Zeppelin che ne faccia rivivere la storia e l'unico esempio di come sarebbero state le produzione della band se il loro batterista non fosse morto troppo presto.

giovedì 15 giugno 2017

Barrio Viejo - Liberación

Capita saltuariamente che dei campioni dello sport passino al mondo della musica e alcune volte il cambio di carriera ha riscontrato un buon successo; i casi più celebri sono senza dubbio quelli del cestista Shaquille O'Neal e quello del wrestler John Cena, ma oltre a questi ce ne sono innumerevoli altri meno noti come il compianto Wayman Tisdale, un altro cestista, o Deion Sanders che nella sua carriera sportiva ha giocato professionalmente sia a baseball sia a football. In questo universo prevalentemente nordamericano, stupisce un po' che l'ultimo sportivo ad aver fatto questo passo sia un calciatore italoargentino che ha lasciato il mondo del pallone per approdare a quello del blues rock. Dopo l'ultima stagione giocata con il Boca Juniors in Argentina, l'ex centravanti Pablo Daniel Osvaldo (che in Italia ha militato in Fiorentina, Roma, Juventus e Inter oltre che in nazionale) ha infatti interrotto la propria carriera agonistica per diventare la voce e il frontman dei Barrio Viejo, band fondata in Spagna con sede a Barcellona.

Il primo album dei Barrio Viejo è stato pubblicato il 2 giugno di quest'anno e si intitola Liberación e offre un blues rock fresco e divertente, impreziosito dal canto in spagnolo piuttosto atipico per questo genere. Già dal primo ascolto il disco stupisce la scelta musicale di mischiare il blues rock alla musica latinoamericana e per la quantità e varietà di strumenti usati che non si fermano a chitarra, basso e batteria, ma si estendono a percussioni latinoamericane di vario tipo, fiati e tastiere.

Il disco presenta una predominanza di pezzi veloci e allegri, come la traccia di apertura Insatisfacción sorretta da una buona combinazione di chitarre e tastiera. Tra i prezzi allegri troviamo anche la grintosa Infumable in cui il suono delle chitarre incontra quello dell'armonica, La Callejiera che è l'unico a vedere anche la presenza di chitarre elettriche, la saltellante Pájaro Azul, e la cover di Walking the Dog di Rufus Thomas. Tra i pezzi veloci il migliore resta comunque la trascinante Desorden, di cui è stato anche realizzato in video, che presenta una bella mescolanza strumentale a cui partecipano anche tastiera e fiati.

Nell'album si trovano anche pezzi più melodici come il lento blues Flores Muertas, e la seguente Viejo Aburrido che tende verso il jazz grazie al suono delle tastiere. Le venature jazz di questo disco non si fermano qui, troviamo anche la bellissima Croissant Perdedor che tende molto al latin jazz per via delle chitarre che ricordano quelle delle leggende di questo genere come i Santana. Tra i pezzi lenti troviamo anche il blues tradizionale La 13/14 e la ballad Viejo Querido che chiude il disco.

In Liberación troviamo anche due midtempo: Flores, blues rock piuttosto tradizionale, e Nada Special che dopo un inizio molto lento sfocia in un midtempo leggero e divertente.

In tutti i tredici brani del disco la voce di Osvaldo crea un bel mix con la base musicale risultando sufficientemente profonda e altrettanto dinamica per adattarsi a tutti gli stili richiesti dalla ricca varietà musicale del gruppo.

Dall'ascolto dell'intero album emerge come questa band sia molto promettente e capace di scrivere dell'ottima musica, mai banale e spesso divertente. In attesa di vedere i Barrio Viejo dal vivo e nella speranza che questo non sia l'unico album della loro carriera, non possiamo che constatare che il grande talento di Pablo Osvaldo non si è certo esaurito nel calcio e che in questo caso la bravura da calciatore è pari a quella da musicista.

venerdì 9 giugno 2017

Adrenaline Mob - We The People

Dopo aver pubblicato un disco all'anno (tra EP e album interi) dal 2011 al 2015, gli Adrenaline Mob hanno dovuto prendersi un anno di riposo nel 2016 per far fronte alla morte del batterista A.J. Pero (che militava anche nei Twisted Sister) e l'abbandono del batterista Mike Portnoy. Russell Allen e Mike Orlando hanno quindi dovuto sostituirli con i meno noti David Zablidowsky e Jordan Cannata per la realizzazione di un nuovo album che finalmente ha visto la luce nel 2017 con il titolo We The People.

Già ad un primo ascolto questo disco stupisce per la varietà sonora offerta, cosa che di norma non ci si aspetta da un supergruppo quali sono gli Adrenaline Mob. Il disco parte subito forte con l'energica e dura King of the Ring caratterizzata da un cantato di Allen particolarmente aspro, il cantante però nei due incisi alla fine del pezzo cambia notevolmente stile canoro passando a un canto più melodico e dando prova di grande ecletticità all'interno dello stesso pezzo. La stessa alternanza di stili canori si trova anche nella successiva traccia che dà il titolo all'album, anche se in questa i ritmi scendono leggermente risultando in un buon pezzo metal piuttosto melodico.

La scelta melodica di alcuni pezzi non è occasionale; infatti in questo album si trovano molti pezzi dalle sonorità più morbide che tendono fortemente verso l'AOR degli anni 80. Tra queste troviamo The Killer's Inside, in cui le venature AOR si sentono soprattutto nel ritornello; What You're Made Of, apprezzabile anche per il notevole cambio di tempo tra strofa e ritornello, e Raise 'Em Up che è sicuramente il brano più coinvolgente e orecchiabile dell'intero disco. La svolta melodica non si ferma ai pezzi veloci, nel disco troviamo infatti anche due midtempo che abbassano notevolmente il ritmo del disco. Il primo di essi è Bleeding Hands, che di nuovo tende molto verso sonorità AOR, mentre il secondo è Blind Leading the Blind, che invece attinge molto dall'alternative rock degli anni 90 soprattutto per la voce ruvida espressa da Allen che si ispira al grunge di Seattle.

Un altro brano ispirato all'alt rock degli anni 90 è Chasing Dragons, che si discosta dal metal per atterrare su un hard rock caratterizzato da ritmi alti scanditi dalla batteria. Sonorità hard rock si trovano anche nella incalzante Violent State of Mind.

Non mancano comunque brani più simili a quelli del passato degli Adrenaline Mob, ricchi di energia, forza e distorsioni; tra questi troviamo Til the Head Explodes e Ignorance and Greed, quest'ultimo ricco anche di assoli di chitarra di Orlando che esprimono al meglio l'animo potente e rumoroso della band.

Tra i pezzi migliori troviamo anche Lords of Thunder, altro brano che presenta notevoli cambi di tempo, partendo come una ballad, per poi spostarsi sul midtempo e accelerare ancora nell'ultima parte.

Chiude il disco una cover di Rebel Yell di Billy Idol, la cui melodia resta piuttosto simile all'originale ma con suoni più energici rispetto al pezzo originale, come era lecito aspettarsi.

Come per tutti i dischi degli Adrenaline Mob non possiamo evitare considerazioni sulla bellissima copertina, che questa volta rinuncia agli sfondi cupi per mostrare i soggetti su uno sfondo arancione. Inutile dire che lo scheletro umanizzato attorniato da un sexy angelo e un sexy demone sia un chiaro rimando a Donald Trump, come si vede anche chiaramente attraverso il display del cellulare in basso a sinistra.

Con questo disco gli Adrenaline Mob compiono appieno il salto di qualità da che da loro ci si attendeva. Questo album è ricco di sperimentazione e di suoni diversi, spesso mischiati a creare contrasti di grande effetto; il combo di Allen e Orlando balza quindi a pieno titolo tra le migliori band metal del pianeta, con la speranza che riescano finalmente a conquistare l'attenzione di pubblico e critica che meritano pienamente.

lunedì 5 giugno 2017

I brani scartati da The Long Run degli Eagles

Nel 1979 gli Eagles pubblicarono il loro sesto album intitolato The Long Run, che in seguito allo scioglimento del gruppo rimase l'ultimo loro disco per quasi vent'anni prima della reunion del 1994. The Long Run nelle intenzioni originali della band avrebbe dovuto essere un disco doppio, registrato sull'onda del successo di Hotel California, ma la versione definitiva, come è ben noto, è invece di un disco singolo composto da dieci tracce tra cui alcuni dei più grandi successi della band come Headache Tonight e I Can't Tell You Why.

Durante le sessioni di The Long Run venne comunque scritto e registrato materiale che non finì nell'album ma che fu poi in parte pubblicato nella raccolta Selected Works: 1972 - 1999 uscita nel 2000. L'unico brano intero sopravvissuto da quelle sessioni è la cover di Born To Boogie di Hank Williams Jr, registrata dal gruppo californiano in uno stile blues rock che ricorda molto le incisioni degli ZZ Top.

Oltre ad essa, nella compilation è presente una traccia intitolata Long Run Leftovers della durata di poco più di tre minuti che contiene frammenti delle registrazioni scartate dalle sessioni dell'album. Parte di questo materiale è stato poi recuperato negli album solisti dei membri del gruppo o in dischi di altri artisti vicini agli Eagles.

Vediamo di seguito l'elenco dei frammenti e dei brani che poi sarebbero diventati, con l'indicazione temporale di dove si trovano nella traccia:

  • 0:00 - 0:11 Brano sconosciuto
  • 0:11 - 0:28 All of You di Don Felder dalla colonna sonora del film Heavy Metal del 1981
  • 0:28 - 0:46 Heavy Metal (Taking A Ride) di Don Felder dalla colonna sonora del film Heavy Metal del 1981
  • 0:46 - 1:01 Brano sconosciuto
  • 1:01 - 1:19 Bad Girls di Don Felder dall'album Airborne del 1983
  • 1:19 - 1:32 Brano sconosciuto
  • 1:32 - 1:43 Rivers (Of The Hidden Funk) di Joe Walsh dall'album There Goes the Neighborhood del 1981
  • 1:43 - 1:54 Too Much Drama di Mickey Thomas (scritta da Don Henley e Glenn Frey) dall'album Alive Alone del 1981
  • 1:54 - 3:00 Told You So di Joe Walsh dall'album You Bought It - You Name It del 1983

Secondo il libro The Eagles FAQ: All That's Left to Know About Classic Rock's Superstars di Andrew Vaughan, il motivo per cui non fu completata la registrazione della seconda metà del disco fu la tensione che si stava creando tra i componenti della band che avrebbe poi portato alla rottura e alla sospensione dell'attività per 17 anni. Tuttavia anche i pezzi stralciati divennero poi degli ottimi brani nelle loro versioni finali, forse migliori di tanti effettivamente presenti in The Long Run, a riprova che nonostante le difficoltà incontrate verso la fine degli anni 70 gli Eagles restano una delle band più creative della storia del rock.

martedì 30 maggio 2017

L'omicidio di Mia Zapata

Si ringraziano l'investigatrice privata Leigh Hearon, il bassista dei Gits Matt Dresdner e la batterista e cantante Maria Mabra per la consulenza fornita durante la stesura di questo articolo.

La scena musicale di Seattle nei primi anni 90 era particolarmente fervida; gruppi come i Nirvana, i Soundgarden e i Pearl Jam dominavano le classifiche e il grunge era tra i generi di maggior successo. Purtroppo uno tra i gruppi musicali più promettenti di Seattle vide la propria carriera stroncata sul nascere a cause della morte della propria cantante: il gruppo in questione sono i Gits e la loro cantante era la ventottenne dalla voce blues Mia Zapata.

La cantante fu uccisa nel quartiere di Capitol Hill nella notte tra il 6 e il 7 luglio del 1993. La ragazza abitava nella zona più a nord del quartiere di Ranier Valley e quella sera era stata in un locale chiamato Comet Tavern al numero 922 di East Pike Street che frequentava abitualmente con il resto della band. Arrivò alla taverna verso le 20:30, quella sera sicuramente consumò molti alcolici e fumò erba e qualche altra sostanza. Non era di buon umore, perché si stava separando dal fidanzato Robert Jenkins (morto nel 2012) e per combattere la tristezza si affidò all'alcol. A un certo punto lasciò la taverna con un paio di amici per andare a bere un distillato alla pizzeria Piecora's, al 1401 di East Madison Street (oggi demolito, ma ancora visibile in Google Street View nella vista del 2007), dove Mia lavorava part time come cameriera, ma poi i tre tornarono alla taverna; prima di uscire aveva anche fatto una telefonata dal telefono fisso del locale, ma non disse a nessuno chi fosse il destinatario.

Mia lasciò la taverna intorno a mezzanotte per andare allo studio di registrazione degli Hell's Smells, la band in cui suonava Robert, sperando di trovarlo ancora lì. Lo studio si trovava nel piano interrato del complesso Winston Apartments al 1019 di East Pike Street. Mia scese da una scala laterale ma risalì poco dopo, perché l'uomo non era lì. La cantante decise allora di salire al secondo piano a trovare l'amica Tracy Victoria Kenly, detta TV, che era anche la cantante degli Hell's Smells. Mentre le due donne parlavano, Mia a un certo punto uscì dalla casa senza preavviso, per poi tornare poco dopo e scusarsi per il proprio comportamento.

Mia lasciò l'appartamento di TV alle due e l'amica la vide scendere le scale interne. Da lì, Mia può essere uscita dal retro o dall'ingresso principale e non è sicuro quale strada abbia preso. Può essere andata verso ovest all'incrocio con Broadway dove c'era una stazione di servizio della Texaco (oggi distributore della Shell) che faceva anche da stazione per i taxi, per prenderne uno per tornare a casa; tuttavia nessuna delle persone che si trovavano alla stazione di servizio riferì di averla vista, né alcun tassista disse di averla incontrata. Può essere andata verso nord, verso l'appartamento dell'amica Maria Mabra, batterista degli Hell's Smells, che abitava a quindici minuti a piedi dalla casa di TV e che aveva invitato Mia a dormire da lei. Può essere andata verso est, per tornare alla pizzeria Piecora's. Può essere andata verso sud per tornare a casa a piedi, Mia abitava a 2,5 chilometri dalla casa di TV nella parte più a nord del quartiere di Rainier Valley ed essendo una buona camminatrice avrebbe potuto prendere questa decisione senza esitazione. In ultimo, potrebbe essere tornata allo studio di registrazione nel piano interrato senza uscire dall'edificio, perché il giorno seguente un'amica di Mia trovò allo studio il microfono personale della cantante da cui di rado si separava.

Rosso: Comet Tavern
Verde: Stazione di servizio della Texaco
Giallo: Winston Apartments
Blu: Piecora's

Ottanta minuti dopo essere uscita dall'appartamento di TV, alle 3:20 Mia Zapata fu trovata morta da una prostituta chiamata Charity al'incrocio di 24th South Avenue e South Washington Street. Mia era stesa sulla schiena, con le gambe stese, le caviglie incrociate e le braccia aperte come se fosse stata in croce. Charity corse a chiedere aiuto a una stazione dei pompieri poco lontano; quando arrivò sulla scena il medico legale tentò comunque di rianimarla, ma la cantante era già morta. La strada si trovava tra due edifici religiosi, la chiesa apostolica Bethel Christian Church e una sede del Catholic Community Service, e il luogo stesso e la posizione del corpo fecero dapprima pensare a un omicidio di carattere religioso. Mia era stata picchiata e strangolata con i cordini della felpa che indossava; in una delle tasche dei jeans erano infilati il portafogli, le mutande che indossava al momento dell'aggressione e il reggiseno che le era stato strappato.

Sulle prime il cadavere non fu identificato perché Mia non aveva con sé documenti; l'unico indizio poteva essere il nome della band The Gits stampato sulla felpa, ma i soccorritori non capirono chi era la donna stesa a terra. Il cadavere fu identificato solo dal medico legale dopo essere stato trasferito all'ospedale, perché il coroner era un appassionato di musica grunge e aveva visto Mia con i Gits in vari locali della zona; lo stesso medico durante l'autopsia rilevò che Mia aveva anche subito violenza sessuale e un morso sul seno sinistro. La conclusione fu che Mia fu uccisa per strangolamento, ma sarebbe comunque morta per le percosse all'addome, che le ruppero il fegato, se non fosse stata strangolata.

Giallo: Winston Apartments
Viola: luogo del ritrovamento del cadavere

Parallelamente all'indagine della polizia, la band assunse l'investigatore privato Leigh Hearon per indagare sulla morte della cantante. Per dieci anni entrambe le indagini portarono a molto poco. La Hearon trovò un unico testimone: una donna (e non un uomo come riportato erroneamente dalla puntata di Unsolved Mysteries che ha trattato di questo caso) che abitava poco lontano dalla zona del ritrovamento del cadavere sentì delle urla di una voce femminile, la testimone guardò fuori dalla finestra e vide una grossa auto allontanarsi velocemente dalla via a fondo chiuso in cui viveva verso le vie principali. Le indagini si concentrarono dapprima su Robert Jenkins, ma questi fu subito escluso dai sospettati perché aveva passato la notte con degli amici e poi con un'altra donna. L'alibi di Robert era solidissimo e l'uomo superò anche il test del poligrafo.

L'unico indizio lasciato dall'assassino era qualche traccia di saliva sul seno di Mia, ma per la tecnologia del tempo il campione era troppo ridotto per poter essere usato per l'identificazione. Il campione fu quindi congelato e per anni le indagini non fecero alcun progresso nonostante l'impegno della polizia e della Hearon nell'intervistare chiunque nella zona avesse potuto vedere o sentire qualcosa.

L'indagine rimase bloccata per nove anni, quando grazie all'analisi STR fu possibile identificare il DNA dell'assalitore separandolo da quello di Mia. Dapprima fu confrontato con il database CODIS dell'FBI che contiene il DNA di tutte le persone che abbiano commesso un reato negli USA, ma non diede alcun riscontro. Nello sconforto gli inquirenti pensarono che l'assassino di Mia non avesse mai commesso altro crimine, oppure che fosse morto.

Il confronto con il database non si arrestò e un anno dopo fu possibile trovare un riscontro: il DNA apparteneva a Jesus Mezquia, un esule cubano che viveva a Marathon, in Florida, e che nel 2002 fu arrestato per furto con scasso e violenza domestica, condanne grazie alle quali il suo DNA fu inserito nel CODIS. Gli inquirenti dello stato di Washington insieme agli U.S. Marshals della Florida cercarono Mezquia a casa sua a Marathon, ma l'uomo non era lì. Alcuni giorni dopo tornò a casa dicendo di essersi trasferito momentaneamente a Miami per lavoro; Mezquia accettò la richiesta della polizia di sottoporlo ad alcune domande, evidentemente ignorando di essere stato connesso alla morte di Mia Zapata.

A Mezquia furono mostrate alcune foto, tra cui una di Mia, e gli fu chiesto se riconosceva quelle persone; rispose negativamente e negò di aver ucciso una di queste. Tuttavia asserendo di non conoscere Mia Zapata escluse la possibilità che la sua saliva fosse sul seno della donna per motivi diversi dall'omicidio. Gli fu prelevato un nuovo campione di DNA che venne confrontato con quello prelevato dal corpo di Mia, e fu di nuovo trovata la corrispondenza.

La polizia verificò anche che Mezquia aveva vissuto per un periodo a Seattle, a soli tre isolati dal luogo del ritrovamento de cadavere. Inoltre quando la foto di Mezquia fu diffusa sui media, un'altra donna di Seattle, Valentina Dececco, chiamò la polizia per dire di aver riconosciuto in Mezquia un uomo che l'aveva molestata sei mesi prima della morte di Mia Zapata.

Jesus Mezquia era quindi l'uomo che aveva rapito, picchiato, stuprato e ucciso Mia Zapata.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti Mezquia avrebbe assalito Mia mentre questa ascoltava musica in cuffia che le impedì di sentire l'assalitore che si avvicinava. L'uomo poi la caricò in macchina dove la aggredì picchiandola e stuprandola. Dopo averla strangolata, la scaricò dalla macchina e la trascinò nel posto dove è stata trovata prendendola da sotto le braccia, e per questo motivo fu trovata con le braccia larghe come in croce.

Jesus Mezquia fu condannato nel 2004 a 37 anni di reclusione; nel 2005 l'uomo fece appello alla corte federale che annullò la condanna sostenendo che la pena in un caso del genere avrebbe dovuto arrivare al massimo a 28 anni. Tuttavia nel 2009 la corte superiore di King County (la contea in cui si trova la città di Seattle), viste le aggravanti, confermò la pena ai 36 ani di reclusione che restavano da scontare a Mezquia.


Fonti utilizzate oltre a quelle citate e linkate nell'articolo: