martedì 14 giugno 2016

Intervista a Giacomo Voli

Giacomo Voli è una delle più belle e fresche realtà del panorama rock del nostro paese. Classificatosi secondo alla seconda edizione di The Voice nel 2014 ha realizzato un primo EP nel 2015 intitolato Ancora nell'Ombra e ora affianca alla propria attività solista quella di voce del gruppo symphonic metal veneziano TeodasiA.

Per raccontarci qualcosa di più sul suo passato e sul suo futuro, Giacomo ha accettato la nostra proposta di rilasciarci un'intervista.

Ringraziamo Giacomo Voli per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Ciao Giacomo e anzitutto grazie del tempo che ci stai dedicando. La mia prima domanda è inevitabilmente sulla tua partecipazione a The Voice? Quali sono i tuoi ricordi più belli relativi a questa esperienza?

Giacomo Voli: Ciao a tutti e grazie per l'intervista!

Ricordando il 2014 posso dire che il ricordo più bello è legato alle amicizie nate durante quell'esperienza, in modo particolare per Daria Biancardi, Giulia Dagani ma ricordo davvero tanti tanti talenti! Resto legato anche a Piero, che è rimasto comunque un amico "speciale" e ricordo i momenti di relax e di discussione anche post programma, che mi hanno permesso di crescere e perfezionare il mio desiderio artistico.


125esima Strada: Tra i pezzi che hai cantato a The Voice quale ritieni ti sia venuto meglio e perché?

Giacomo Voli: Credo che i più riusciti siano stati i primi tre (Rock and Roll, Knockin' on Heaven's Door, Impressioni di Settembre) e gli ultimi cantati in finale, incluso il singolo. Credo che sia dipeso anche dalla serenità, nelle prime puntate non mi aspettavo di poter procedere più di tanto... poi è successo, ed è aumentata anche la tensione. Una volta arrivato in finale mi sono disteso, perché comunque fosse andata era un risultato già pazzesco considerando il genere musicale che ho scelto.


125esima Strada: A The Voice ti sei cimentato in un repertorio piuttosto vario spaziando dai Led Zeppelin a Jeeg Robot d'Acciaio. Raccontaci qualcosa su queste scelte così diverse.

Giacomo Voli: Sicuramente, amando specialmente tutti i generi che si muovono dal rock al metal, era molto difficile scegliere brani che fossero compatibili con il format, i tempi televisivi e molte altre cose... tipo il fatto di cantare in italiano!

Credo che meglio di così sarebbe difficile scegliere, nel senso che comunque sono anche l'interpretazione e l'arrangiamento a rendere rock un pezzo, perciò dopotutto è andata bene così.

Il fatto di scegliere in modo vario perciò è stato per spaziare, e non ricadere in scelte ovvie. Se fai cantare ad un cantante rock un pezzo dichiaratamente rock... non scopri niente di nuovo! Ma se stravolgi le regole allora inventi qualcosa di nuovo, no?


125esima Strada: Mi stupisce il fatto che tu abbia eseguito il Nessun Dorma e anche che tu lo proponga abitualmente nei tuoi live. Come coniughi la tua passione per la lirica con quella per il rock?

Giacomo Voli: Lo so lo so =)

Diciamo che quella che è nata come una provocazione nel tempo ha rivelato il mio primo amore! Grazie al mio nonno materno, cornista di professione, ho conosciuto la musica classica e lirica, apprezzando le opere in tutte le loro sfumature (con particolare attenzione per le parti di corno francese naturalmente!). Insieme ricordo che guardammo Pavarotti & Friends, orgogliosi di ammirare il grande Luciano in coppia con le più grandi star mondiali, anche del rock come Brian May o Bryan Adams.

Un altro fattore sicuramente è stato quello di "scoprire" i Queen attraverso i vinili dei miei genitori, questo gruppo incredibile che ha saputo mischiare cori polifonici alla potenza dei riff, la voce tagliente di Freddie Mercury con le orchestrazioni. Tutt'oggi sono di ispirazione per me!


125esima Strada: Un'altra cosa che mi ha stupito è che l'inedito che hai presentato a The Voice, Rimedio, ha delle strofe sorprendentemente basse per la tua voce. Come mai questa scelta?

Giacomo Voli: Sei il primo che me lo chiede =)

Beh, il pezzo nasce così, scritto da Piero Pelù e perciò anche pensato più basso...

In fondo per me non è un dispiacere anche cantare in tessiture più basse! In questo direi che tengo caro il consiglio di Gaudi (vocal coach per quell'edizione), il quale mi ricordava che facendo sempre lo stesso "numero" in fondo poi ci si abitua. Perciò credo sia importante poter spaziare su tutta la propria estensione!


125esima Strada: Parliamo del tu EP. Come sono nati i brani di Ancora nell'Ombra?

Giacomo Voli: Ognuno in modo diverso chiaramente!

La Fenice è un brano nato molti anni fa, con nomi diversi e diversi arrangiamenti, a causa dei miei errori. Ridi nel Tuo Caffè l'ho voluto scrivere per dedicarlo ad una persona speciale che sa affrontare la vita con il sorriso nonostante le sofferenze. Un Capitale è un pezzo veloce che richiama riff e tematiche tipicamente hard rock, grunge e metal. Il Vento Canterà è stato il primo singolo, e l'ho scritto nel periodo post-The Voice (come Un Capitale) come sfogo dopo l'esperienza vissuta! Non è direttamente riferito a qualcuno, è un grido rivolto all'ambiente televisivo e un incoraggiamento a me stesso =)


125esima Strada: Come è nata invece la tua collaborazione con i TeodasiA?

Giacomo Voli: Tutto è nato dopo la mia partecipazione al programma televisivo, quando Francesco Gozzo (batterista e compositore principale dei TeodasiA) mi ha marcato a uomo per diversi mesi! Alla fine ho ceduto, hahaha!

Scherzi a parte sono felice di aver accettato di entrare in questo progetto, che mi dà la possibilità di sfogarmi anche nel metal sinfonico e di cantare in inglese. Quest'anno abbiamo due uscite discografiche, perciò non potrei essere più contento!


125esima Strada: Quali sono i musicisti che più ti hanno influenzato e a cui ti sei ispirato?

Giacomo Voli: Moltissimi... troppo difficile focalizzare!

Peter Gabriel è un grande artista, completo... Come solista ha comunque caratterizzato il proprio sound con musicisti incredibili, cosa che ritrovo nei miei obiettivi nonostante il genere che sto realizzando sia molto diverso.

I miei riferimenti musicali vanno dai Soundgarden a tutti gli altri progetti di Chris Cornell, dagli Alterbridge ai Nickelback, dai 30 Second to Mars ai Linkin Park agli Skunk Anansie.

Tutto questo unito all'idea che l'italiano sia una lingua meravigliosa, che unita a questo genere possa creare qualcosa di unico!


125esima Strada: Chi sono invece i tuoi preferiti della scena attuale?

Giacomo Voli: Ci sono molti gruppi fantastici: Disturbed, Nothing More, Tesseract oltre a quelli già citati precedentemente!

Di artisti italiani in riferimento a questo genere non penso che ce ne siano, ma ho moltissimi esempi di grandi artisti recenti e non, come Daniele Silvestri, Battiato, la PFM, Banco Del Mutuo Soccorso, gli Area con Demetrio Stratos, i Quintorigo con il fenomenale John De Leo, i Matia Bazar e la voce immensa di Antonella Ruggiero, i New Trolls e quel fuoriclasse di Vittorio de Scalzi, Elio e le Storie Tese e la loro cultura musicale sconfinata, Enrico Ruggeri con la sua voglia di rock.


125esima Strada: Cosa stai progettando per il futuro? Ti dedicherai più alla carriera solista o ai TeodasiA?

Giacomo Voli: Desidero fortemente mantenere i due progetti in parallelo, e credo che sia possibile perché i target di riferimento sono diversi! Attualmente sto preparando con i TeodasiA la doppia uscita discografica del 2016, per primo un EP che si chiamerà Reloaded nel quale ho reinterpretato dei brani già esistenti, e per secondo un disco di pezzi inediti registrati a fine 2015.

In contemporanea sto preparando il mio prossimo disco solista, in collaborazione con una cantautrice toscana di nome Daniela Ridolfi e un importante produttore/autore del quale ancora non rivelo il nome =)

Tutto questo senza rinunciare all'attività live, della quale tengo tutti aggiornati principalmente sulla mia pagina Facebook Giacomo Voli Joker e sugli altri social!

mercoledì 8 giugno 2016

Tarja - The Brightest Void

Il 3 giugno del 2016 la soprano finlandese Tarja Turunen ha pubblicato il primo dei suoi due album previsti per quest'anno. In realtà The Brightest Void (reso disponibile anche in streaming su Apple Music una settimana prima dell'uscita per la vendita) è indicato nelle immagini promozionali come The Prequel a sottolienare che si tratta della minore per importanza delle due pubblicazioni e che contiene in parte proprio il materiale scartato dal disco in uscita ad agosto.

The Brightest Void è composto da nove tracce tra inediti, nuove versioni di materiale edito e pezzi già pubblicati altrove. Il disco si apre con No Bitter End il cui video era stato pubblicato ad Aprile, il brano è molto più morbido e tendente al pop rispetto alle produzioni pregresse di Tarja e si distacca dalla sue altre prove in studio per l'abbandono almeno parziale del canto lirico; ciò nonostante si tratta di un gran bel pezzo forte e trascinante che dimostra che Tarja si trova benissimo anche in territori lontani dal symphonic metal. La seconda traccia è intitolata Heaven and Hell e vede come ospite il cantante rock finlandese Michael Monroe; questa è forse la traccia meno convincente dell'intero album perché Tarja offre una grande prova ma Monroe sembra proprio fuori dal suo habitat. Anzitutto Monroe raglia e abbaia, ma di certo non canta, e basta ascoltare altre sue registrazioni per scoprire che in terreni che gli sono più congeniali si muove molto meglio; in secondo luogo laddove i due duettano (e ovviamente Tarja canta la voce alta e Monroe quella bassa) di fatto si sente molto di più la voce della soprano che quasi sotterra Monroe; il pezzo di suo sarebbe anche stato interessante, ma in questo caso Tarja si è proprio scelta il partner sbagliato.

Il terzo brano intitolato Eagle Eye è la prima ballad del disco con cui Tarja torna su un symphonic metal piuttosto tradizionale grazie alla base ricca di chitarre e alla sua voce cristallina. Il pezzo è impreziosito dalla presenza di una parte parlata interpretata dal fratello di Tarja, Toni Turunen. Anche il quarto brano, An Empty Dream, è una ballad e questa volta ci troviamo davanti a un pezzo già edito in quanto pubblicato lo scorso anno nella colonna sonora del film argentino Corazón Muerto. La quinta traccia intitolata Witch Hunt è di nuovo una ballad, anche questa così come la precedente dalle atmosfere cupe e gotiche; anche questo è un pezzo già edito in quanto in passato eseguito e registrato dal vivo per il disco live e per il tour The Beauty and The Beat; in questa incisione da studio il pezzo è ancora più cupo e onirico della versione live perché all'orchestra si sostituisce una base davvero minimale. Witch Hunt è comunque uno dei pezzi più belli dell'album perché la voce pulita e limpida di Tarja si accosta alla base musicale angosciante realizzando un contrasto di grande effetto.

Con il sesto brano Shameless i ritmi tornano a salire, il pezzo è potente con una base energica a cui si somma la voce impeccabile di Tarja che tocca notevoli acuti nel ritornello e note sorprendentemente basse nella strofa: un'altra delle perle di questo album. Il settimo pezzo è la prima delle due cover proposte da questo album: House of Wax di Paul McCartney originariamente pubblicata sull'album Memory Almost Full del 2007 del cantante inglese, che Tarja propone in versione molto simile all'originale. La seconda cover è Goldfinger, colonna sonora dell'omonimo film di James Bond originariamente interpretata da Shirley Bassey, che Tarja personalizza molto raggiungendo acuti molto più alti di quelli della Bassey.

Il pezzo finale è una nuova versione di Paradise (What About Us?) dei Within Temptation con la partecipazione di Tarja, inizialmente pubblicata sull'album Hydra del gruppo olandese. Questa versione si discosta molto poco dall'originale: l'unica differenza è che la voce di Tarja si sente di più, sia nel vocalizzo iniziale (prima dell'attacco della prima strofa) sia nelle parti cantate insieme a Sharon Den Adel.

Sulla qualità di questo The Brightest Void c'è ben poco da dire perché è semplicemente ottimo, così come tutte le pubblicazioni di Tarja. La sua voce è sempre perfetta e la cantante stacca nettamente tutte le colleghe dello stesso genere per potenza e bravura. E se questo lavoro è fatto di scarti di altre pubblicazioni non possiamo che aspettarci un altro capolavoro con la prossima ed imminente uscita.

giovedì 2 giugno 2016

Ace Frehley - Origins Vol. 1

Ace Frehley è uno di quei musicisti che non godono della fama e del riconoscimento che meriterebbero perché ha vissuto gran parte della propria carriera all'ombra di mostri sacri quali Paul Stanley e Gene Simmons. Del resto la grandezza dei Kiss, sia nella formazione originale che in tutte le successive, sta proprio nell'avere quattro membri di grande valore in grado di produrre album solisti di livello e pochissime band nella storia del rock, forse solo i Beatles e i Beach Boys, possono vantare lo stesso merito.

Nel 2016, a distanza di due anni dal precedente, Ace Frehely ha pubblicato il suo quinto album solista (settimo, se si includono anche quelli pubblicati con il nome di Frehley's Comet) intitolato Origins Vol. 1. Come suggerisce il titolo stesso si tratta di una raccolta di cover e a prima vista la scelta del repertorio può stupire perché Ace non opta per brani hard rock vicini allo stile dei Kiss ma vira piuttosto verso il classic rock degli anni 60 e 70 spaziando dai Cream ai Thin Lizzy ai Rolling Stones e agli Steppenwolf; nella selezione non potevano mancare tre brani dei Kiss: Parasite, Cold Gin e Rock and Roll Hell (unico brano degli anni 80 dell'intera selezione). I dodici brani sono tutti comunque reinterpretati in chiave hard rock dal suono energico con una prominente presenza delle chitarre suonate dallo stesso Ace e da alcuni degli ospiti come Mike McCready (chitarrista dei Pearl Jam, nella cover di Cold Gin), John 5 (chitarrista tra gli altri di Marilyn Manson e Rob Zombie, che compare in Spanish Castle Magic e Parasite), Slash (in Emerald) e Lita Ford (che affianca Ace sia alla chitarra che alla voce in Wild Thing). In tutti i brani le melodie restano comunque piuttosto simili alle versioni originali nonostante siano notevolmente accelerate.

Tra i pezzi migliori dell'album troviamo Fire and Water, originariamente interpretata dai Free, che vede come ospite al microfono Paul Stanley e la già citata Spanish Castle Magic in cui Ace imita il singolare cantato di Jimi Hendrix. Spicca anche l'unico brano blues del disco, Bring It On Home scritta da Willie Dixon e originariamente interpretata da Sonny Boy Williamson II, che dimostra ancora una volta l'encomiabile eclettismo di Frehley che si sa muovere bene sia come cantante che come chitarrista in stili decisamente diversi.

Nonostante si tratti di un album di cover e non di inediti Ace dimostra di avere la stessa energia e la stessa capacità tecnica del suo esordio del 1974. Vista la sua produttività siamo sicuri che non passeranno molti anni prima che il chitarrista torni in studio a registrare un disco nuovo, ma soprattutto ascoltando questo disco non si può non notare come per sentire del sano hard rock ci si debba affidare alle leggende del passato e che nessuna band nata dopo il 1990 è in grado di competere quanto a forza e capacità con questo sessantacinquenne.

giovedì 26 maggio 2016

Giacomo Voli - Ancora nell'Ombra

I talent show producono in larga maggioranza pessimi cantanti; è sotto gli occhi di tutti che le classifiche discografiche sono infestate da gente uscita da Amici o X Factor dotata di buone voci ma del tutto incapace di scrivere musica che sia di qualche interesse. Del resto un vocal coach può insegnare a un cantante a migliorare la propria tecnica, ma nessuno può insegnare a chi non sa scrivere canzoni come avere delle buone idee.

In questo panorama desolante c'è però un'ottima eccezione rappresentata dal rocker di Correggio Giacomo Voli, classificatosi secondo alla seconda edizione di The Voice of Italy nel 2014.  Durante la gara canora televisiva Giacomo ha dato prova della sua voce potente e pulita e della sua capacità di raggiungere note incredibilmente alte esibendosi in brani che spaziavano da Rock and Roll dei Led Zeppelin, a Life on Mars di David Bowie fino al Nessun Dorma di Puccini passando per Madness dei Muse che ha reso molto più energica e vibrante della versione originale. In occasione della finale di The Voice Voli aveva presentato il suo primo inedito intitolato Rimedio con cui ha dimostrato che la notevole estensione della sua voce non è limitata alle note alte ma si spinge anche a quelle basse, le strofe del pezzo sono infatti sorprendentemente basse per la voce di Giacomo che comunque esce alla grande dalla prova per poi esplodere nel ritornello con i suoni caratteristici del suo cantato.

L'anno seguente la sua partecipazione allo show di Rai 2 Voli ha pubblicato il suo primo EP intitolato Ancora nell' Ombra. Il disco è composto da sei tracce, di cui quattro inedite e due cover. Il primo pezzo si intitola Il Vento Canterà ed è un potente hard rock sostenuto da chitarre in stile hard & heavy anni 70 e dal testo rabbioso ma forte e ottimista il cui ritornello deflagrante entra nella testa come un trapano; il brano è forse il migliore di tutto il disco e non per nulla è l'unico di cui sia anche stato realizzato un video. Segue la cupa ballad La Fenice che paragona un amore in crisi all'uccello mitologico che rinasce dalle proprie ceneri. Con la terza traccia intitolata Il Capitale il disco torna alle atmosfere forti ed energiche fatte di potenza vocale e riff di chitarra trascinanti. Chiude la sequenza dei pezzi inediti il midtempo Ridi nel tuo Caffè il cui suono leggero e gioioso si accosta al testo che narra di una madre che grazie al sorriso e a un atteggiamento positivo ha superato una grave difficoltà.

Come cover Giacomo sceglie due brani lenti e di atmosfera con cui dimostra di sapersi muovere bene anche in terreni apparentemente lontani dall'hard & heavy come il folk rock e il rock progressivo italiano. I due pezzi scelti sono infatti Can't Find my Way Home del supergruppo Blind Faith e Impressioni di Settembre della PFM (che Voli aveva interpretato anche a The Voice) interpretate senza distanziarsi troppo dalle versioni originali ed uscendo a testa alta sia dal confronto canoro con Steve Winwood sia in quello con Franco Mussida.

Dopo la realizzazione del primo EP solista Voli è entrato a far parte della formazione dei TeodasiA, eccezionale gruppo symphonic metal veneziano, che per la prima volta si trova ad avere un cantante uomo che raccoglie l'eredità di Priscilla Fiazza e Giulia Rubino. Con i TeodasiA Voli ha anche inciso il nuovo album che verrà pubblicato entro la fine di quest'anno.

Le premesse per il nuovo album dei TeodasiA sono ottime, perché Ancora nell'Ombra è stato uno splendido esordio discografico che dimostra che il giovane rocker emiliano non è solo un ottimo cantante ma anche un eccellente autore che non sfigura nemmeno al confronto di cantanti ben più noti e blasonati. Meglio evitare ad esempio paragoni con un altro sedicente rocker di Correggio che dopo i primi tre album ha riproposto per vent'anni la stessa canzone, perché Voli è proprio su un altro pianeta. E non ci resta che sperare che questo giovane rocker riesca a sfondare, con i TeodasiA o da solista, e ad ottenere il successo che merita perché la scena rock italiana è in crisi profonda e ha bisogno di ventate di novità come questa.

giovedì 19 maggio 2016

Come si intitola il quarto album dei Led Zeppelin?

E' difficile individuare nella discografia dei Led Zeppelin album più importanti di altri perché tutti i lavori in studio della band di Robert Plant e Jimmy Page sono pietre miliari del rock, ma tra essi ce n'è uno che stimola più degli altri la curiosità degli appassionati da oltre quattro decenni. Il quarto album della band, pubblicato l'8 novembre del 1971, infatti non ha un titolo stampato in copertina ed è comunemente noto come Led Zeppelin IV solo per continuità, perché i precedenti si chiamano appunto Led Zeppelin, Led Zeppelin II e Led Zeppelin III, ma da nessuna parte nel disco appare questo titolo.

La copertina frontale mostra infatti un quadro rurale ad olio in cui si vede un contadino piegato dal peso del fascio di legna che sta trasportando; secondo quanto riportato nel libro Led Zeppelin FAQ di George Case il quadro fu comprato da Page in un negozio di antichità a Reading, nel Berkshire, mentre si trovava in giro alla ricerca di oggetti d'epoca con Plant. La cornice è appesa a un muro su cui la carta da parati si stacca vistosamente, ma unendo il retro di copertina all'immagine frontale si vede che in realtà il muro in questione è parzialmente demolito e si vede in lontananza un paesaggio periferico urbano che mostra la Salsbury Tower del distretto Ladywood di Birmingham. Sull'esterno del disco, comunque, non è riportato alcun titolo.


All'interno della copertina è stampata un'illustrazione del pittore Barrington Colby che ritrae un eremita e che è chiaramente ispirata all'omonima carta dei tarocchi. L'originale fu venduto ad un'asta nel 1981 e secondo alcune teorie un po' strampalate l'immagine vista allo specchio rivelerebbe il disegno della testa di un cane nero, ma si tratta di un ovvio caso di pareidolia suggerita anche dal fatto che il primo brano del disco è proprio Black Dog.

La busta che avvolge il vinile riporta sopra ai titoli dei brani quattro simboli, ognuno dei quali rappresenta un membro della band. Page scelse come simbolo un disegno che ricorda più o meno vagamente la scritta ZoSo e come riportato nel libro Led Zeppelin: The UK Complete Vinyl Discography di Neil Priddey, il chitarista sostenne per anni di averlo disegnato da solo ma il realtà lo si trova già in un grimorio medievale intitolato Le Dragon Rouge. Plant scelse una piuma in un circolo che rappresentava lo scriba o, nel suo caso, lo scrittore di canzoni; il simbolo può essere al contempo ispirato alla piuma della dea egizia Maat che rappresenta la verità e la giustizia. Bonham e Jones scelsero i proprio simboli dal libro The Book of Signs di Rudolf Koch edito nel 1955 che raccoglie simboli vari dalla preistoria al medioevo. Jones scelse una triquetra con un cerchio al centro e Bonham scelse un simbolo a caso con tre cerchi che si intersecano. Sulla facciata opposta della busta è riportato il testo di Stairway to Heaven scritto in caratteri antichi e in basso a sinistra vi è il disegno di un uomo che legge un libro con dei caratteri misteriosi incisi alle sue spalle. Ma a parte tutto ciò neanche sulla busta è riportato alcun titolo per l'album.

Neanche l'etichetta sul vinile chiarisce il dubbio perché riporta di nuovo solo i quattro simboli e i titoli dei brani. Da nessuna parte, quindi, né in copertina né altrove viene dato un titolo a questo album.

Oltre a Led Zeppelin IV il disco è noto anche come Four Symbols, The Fourth Album, Untitled, Runes (per via dei quattro simboli runici), The Hermit (per via dell'illustrazione all'interno della copertina), and ZoSo (per via dei caratteri disegnati nel simbolo di Page).

In realtà come spiegato dallo stesso Page e come pure riportato nel libro di Priddey l'intera questione è molto semplice: l'album intenzionalmente non ha un titolo. Led Zeppelin III ricevette critiche non sempre positive che spesso accusarono la band di aver aggiungo chitarre acustiche per imitare il supergruppo Crosby, Stills, Nash & Young, ma Page ribatté di aver usato chitarre acustiche anche nei primi album e che quindi la critica non aveva capito il disco. Decise quindi che il nuovo album sarebbe uscito senza un titolo, perché nomi e titoli non vogliono dire nulla. In origine Page avrebbe voluto che ci fosse solo un simbolo stampato nel packaging del disco, poi cambiò idea e decise per i quattro simboli, a rappresentare i quattro membri ma anche il quarto disco.

La casa discografica osteggiò la scelta del gruppo sostenendo che pubblicare un album senza titolo sarebbe stato un suicidio professionale. Ma la band rimase sulle proprie posizioni e a distanza di oltre quarant'anni è sotto gli occhi di tutti che grazie a brani leggendari come la già citata Black Dog oltre che Rock and Roll e Stairway to Heaven questo disco resta un capolavoro senza tempo della storia del rock, a dimostrazione del fatto che la band fece le scelte giuste e che la casa discografica si sbagliò clamorosamente.

giovedì 12 maggio 2016

H-Bomb - Attaque

La carriera dei parigini H-Bomb è stata molto breve essendo il gruppo rimasto in attività per soli quattro anni dal 1982 al 1986. La loro prima produzione in studio risale al 1983 con il celebre EP Coup de Metal a cui è seguito nel 1984 l'unico album intero della band intitolato Attaque; nel 1986 il gruppo pubblicò anche due lavori in lingua inglese: il singolo Stop the Lights e l'EP To Feel is Pain entrambi inseriti come bonus track nella ristampa in CD di Coup de Metal del 1998.

Il loro lavoro più importante resta quindi il primo e unico LP che è caratterizzato da sonorità metal classiche che attingono dai modelli musicali della NWOBHM e che tendono a tratti verso lo speed metal, ispirandosi ai giganti dell'hard rock e del metal come i Judas Priest o i Saxon. Già dalla prima traccia Attaque/Exterminateurs carica di energia il gruppo dà prova di quale vuole essere il suo suono distintivo ricco di riff di chitarra e velocità elevata. Il cantante Didier Izard si cimenta fin dall'inizio del disco in scream e acuti che mostrano subito la sua notevole estensione imitando in parte lo stile dei mostri sacri del genere come di Rob Halford o Bruce Dickinson.

E' difficile individuare brani migliori di altri perché tutte le tracce del disco sono notevoli e di alto livello e se c'è una critica che può essere mossa ad Attaque è proprio quella di non offrire una grande varietà di suoni perché il disco è composto da dieci tracce veloci ed energiche e non ci sono brani melodici né ballad. Spiccano comunque Substance Mort che è il pezzo più speed metal del disco, Crache et Crève che inizia con un potente riff di chitarra per poi sfociare in un brano metal piuttosto classico e Fou Sanguinaire grazie al potente ritornello in cui Izard dà la miglior prova delle sue doti vocali per potenza ed estensione.

Nonostante questo disco sia un ottimo pezzo di puro metal è poco conosciuto così come gli H-Bomb non godono della fama che meritano perché spesso messi in ombra da gruppi più rappresentativi della scena metal francese come Blasphemie, ADX e Sacrilege. Ma nonostante la scarsa notorietà gli H-Bomb reggono benissimo il confronto con i loro colleghi più noti e la brevità della loro carriera ha fatto sì che non conoscessero cali di qualità nelle loro produzioni, tra le quali il loro primo e unico album è una perla da riscoprire.

giovedì 5 maggio 2016

The Roots of Guns N' Roses: le uniche registrazioni degli Hollywood Rose

Prima di essere il vocalist dei leggendari Guns N' Roses, Axl Rose fu il cantante di un gruppo da lui stesso fondato a Los Angeles nel 1983: gli Hollywood Rose.

La prima formazione degli Hollywood Rose vedeva oltre ad Axl i chitarristi Chris Weber e Izzy Stradlin, il batterista Johnny Kreis e i bassisti Rick Mars, Andre Troxx e Steve Darrow. Dopo un solo anno dalla fondazione la formazione vide alcuni importanti cambi di formazione dopo che Weber colpì accidentalmente Axl alla testa con la paletta della chitarra durante un'esibizione dal vivo nella trasmissione televisiva Music Machine. Axl abbandonò l'esibizione e in seguito allo screzio Weber fu licenziato; oltre a Weber anche Stradlin e Kreis lasciarono il gruppo. I chitarristi furono sostituiti da Slash e il batterista da Steven Adler.

Anche la nuova formazione durò poco e in seguito ad altre liti, altri abbandoni e alcuni rientri gli Hollywood Rose si fusero con gli L.A. Guns e il nuovo gruppo assunse il nome di Guns N' Roses. La formazione originale vedeva Axl e Izzy Stradlin degli Hollywood Rose e Tracii Guns, Ole Beich e Rob Gardner degli L.A. Guns. Poco dopo i tre ex membri degli L.A. Guns uscirono dalla nuova band e furono sostituiti da Duff McKagan, Slash e Steven Adler lasciando così i Guns N' Roses di fatto privi di elementi provenienti dagli L.A. Guns, ma formando così quella che fu per anni la formazione storica.

Tracii Guns riformò quindi gli L.A. Guns con un altro cantante e con altri musicisti e la carriera del gruppo procede tutt'ora dopo oltre trent'anni e nonostante liti, scissioni e cambi di formazione che non hanno impedito agli L.A. Guns di dimostrarsi nei decenni più costanti e duraturi dei più celebri Guns N' Roses.

Gli Hollywood Rose invece ebbero una carriera molto breve ed esiste un solo disco che contiene il materiale registrato in quel breve periodo. L'album, intitolato The Roots of Guns N' Roses, è stato pubblicato nel 2004 grazie alla produzione proprio di Chris Weber e contiene i cinque brani registrati prima dello screzio tra Weber e Axl in tre diverse versioni ciascuno.

I cinque pezzi del disco sono:
  • Killing Time: brano veloce e aggressivo in tipico stile GNR
  • Anything Goes: che fu poi reincisa dai Guns N' Roses nell'album Appetite for Destruction
  • Rocker: altro brano veloce e tagliente in cui la voce di Axl dà già prova nella sua notevole estensione
  • Shadow of Your Love: reincisa nell EP del 1988 Guns 'N Roses pubblicato solo per il mercato giapponese e noto anche come Live From the Jungle per via della scritta in ideogrammi giapponesi riportata sulla obi strip
  • Reckless Life: in seguito reincisa ed inclusa nell'EP dei Guns 'N Roses Live ?!*@ Like a Suicide del 1986 che fu poi interamente incluso in G N' R Lies del 1988

Tutti e cinque i pezzi sono presenti sull'album sia in versione demo originale senza sovraincisioni successive, con tanto di voce introduttiva che ne annuncia il titolo seguito da take 1, sia in due versioni remixate. Delle cinque tracce sono infatti presenti i remix del chitarrista Gilby Clarke (che in seguito avrebbe avuto un posto fisso nei Guns N' Roses dopo l'abbandono di Izzy Stradlin) e quelli del batterista dei Cinderella Fred Coury. Come riportato dal retro di copertina della versione in CD, le versioni di Clarke di Reckless Life e Shadow of Your Love vedono anche la presenza di una sovraincisione di Tracii Guns alla chitarra; curiosamente sulla versione in vinile questa nota è omessa.

Un'altra bizzarria di questa incisione riguarda i nomi riportati come autori dei brani. Infatti Anything Goes, Reckless Life e Shadow of Your Love (cioè le tre che sono poi state reincise con il marchio Guns N' Roses) sono attribuite non solo ad Axl Rose, Chris Weber e Izzy Stradlin (indicato con il vero nome Jeffrey Dean Isbell) ma anche a Slash (indicato con il vero nome Saul Hudson), McKagan e Adler. Ma gli ultimi tre non avevano alcun legame professionale con Axl e gli Hollywood Rose ai tempi di questa incisione e l'unica spiegazione è che la scelta sia stata dettata da motivi legati ai diritti d'autore.

Ad aumentare la confusione riguardo a questa preziosa registrazione, nel 2007 il disco è stato stampato anche in Argentina per il mercato sudamericano con la medesima tracklist e riportando i medesimi autori, ma con copertina diversa su sfondo nero (foto sopra) che attribuisce l'intero disco non solo agli Hollywood Rose ma anche agli L.A. Guns, probabilmente per via della presenza di Tracii Guns perché le cinque tracce sono state registrate prima della fusione.

Nota: un gruppo chiamato Hollywood Rose con un logo molto simile a quello dei Guns 'N Roses ha inciso nel 2014 un live intitolato Live From Budapest facilmente reperibile su iTunes e Amazon, ma si tratta di una cover band che non ha nulla in comune con il primo gruppo di Axl.