martedì 7 aprile 2015

Howlin' Wolf - The London Howlin' Wolf Sessions

Nei primi anni '70 la carriera di Howlin' Wolf aveva già raggiunto l'apice e il suo successo non accennava a diminuire. Ma erano anche gli anni della British Invasion e della Swinging London e da lì a pochi anni i gruppi rock del Regno Unito avrebbero dominato le classifiche mondiali. In questo contesto storico un musicista geniale come Howlin' Wolf non si lasciò scappare l'occasione di unire due mondi così diversi, il blues di Chicago e il rock di Londra, e nel 1971 si spostò nella capitale britannica per registrare uno dei suoi album di maggiore successo: The London Howlin' Wolf Sessions.

Per garantire un tocco inglese al disco, il bluesman si avvalse della collaborazione di molti musicisti britannici di spicco tra cui Eric Clapton, Steve Winwood, Ringo Starr e tre membri dei Rolling Stones: Ian Stewart, Bill Wyman e Charlie Watts. Gli ospiti sono qui sono in veste di musicisti, mentre la voce è lasciata a Howlin' Wolf.

Il suono che ne risulta offre le caratteristiche principali del Chicago Blues unito dalla musicalità degli ospiti ed è nel complesso notevolmente diverso dagli altri album di Howlin' Wolf. Anzitutto il bluesman in questo disco si limita a cantare e non suona nessuno strumento; in secondo luogo, proprio per via della presenza massiva di ospiti di rilievo, la strumentazione ha un ruolo molto maggiore. Si sentono con forza le due chitarre (suonate nella maggior parte dei brani da Clapton e Winwood), il basso (suonato eccezionalmente da Ringo Starr) e tutta la sezione ritmica degli Stones.

Inutile sottolienare che nel disco non ci sono brani scadenti e che la qualità del disco resta ottima per tutta la sua durata, come è del resto in tutti gli album di Howlin' Wolf.

L'esperienza delle London Sessions fu un tale successo che altri tre grandi musicisti americani come Muddy Waters, Bo Diddley e B.B. King negli anni seguenti realizzarono esperimenti simili, mantenendo anche per i loro album il titolo The London Sessions.

giovedì 2 aprile 2015

Adrenaline Mob - Dearly Departed

Per essere un supergruppo e non una band che lavora insieme stabilmente gli Adrenaline Mob sono incredibilmente prolifici: dal 2011, anno della loro fondazione, hanno pubblicato un disco all'anno tra album di inediti ed EP di cover. Il loro ultimo lavoro, intitolato Dearly Departed, è una raccolta di nove brani di cui quattro cover, quattro tratti dai dischi precedenti e presentati in una veste nuova e un inedito registrato durante le sessioni di Men of Honor e scartato dal disco finale.

Dearly Departed si assesta sulla media dei lavori precedenti della band proponendo un alternative metal che non brillerà per originalità ma che offre comunque oltre quaranta minuti di buona musica. La scelta delle cover non è scontata e regala aspetti interessanti, tra di esse spicca Tie Your Mother Down, originariamente scritta e registrata dai Queen per A Day at the Races del 1976, che qui diventa veloce e divertente e non teme il confronto con l'originale. La cover di Snortin' Whiskey non si discosta molto dall'originale, mentre The Devil Went Down to Georgia trasforma un brano inizialmente country in uno heavy metal. In ultimo la band propone un medley di brani di Black Sabbath: scelta quasi obbligata per chi decidere di realizzare un album metal di cover.

Buona anche l'idea di proporre dei brani già editi in versione acustica in cui il gruppo dimostra di sapersi muovere bene anche in contesti completamente diversi a quelli energici a cui ci ha in questi anni abituati. I pezzi scelti sono tra i lenti dei loro album precedenti e in queste nuove versioni la voce di Russell Allen vira verso il grunge dimostrandosi all'altezza della prova.

In ultimo notiamo che anche se gli album non si giudicano mai dalla copertina, quelle degli Adrenaline Mob sono sempre state bellissime nelle loro raffigurazioni che mischiano l'iconografia tipica della mafia italo-americana con quella horror e cimiteriale; Dearly Departed non fa differenza e ci regala un'altra bellissima illustrazione che continua sulla scia delle precedenti.

sabato 28 marzo 2015

Nightwish - Endless Forms Most Beautiful

Con l'album Endless Forms Most Beautiful i finlandesi Nightwish entrano ufficialmente nella terza fase della loro carriera. Nei primi cinque magnifici album, con l'inarrivabile Tarja Turunen, la voce di impostazione lirica della cantante si univa perfettamente alla musica metal della band e creava una mescolanza la cui qualità non è mai stata raggiunta da nessun altro gruppo di symphonic metal: sia perché Tarja è l'unica cantante di questo genere in grado di tenere il registro lirico su ogni brano, ad ogni ritmo e con ogni tonalità, sia per l'assenza di voci growl che, a nostro giudizio, altro non fanno che rovinare i brani. Dopo l'abbandono di Tarja, che ha intrapreso una splendida carriera solista in cui continua a far vivere le atmosfere dei Nightwish degli inizi, il gruppo l'ha sostituita con Annete Olzon e la musica del gruppo ha perso l'originalità degli inizi per incanalarsi verso sonorità più banali e poco creative.

Nel 2012 anche Anette ha annunciato l'abbandono della band e il suo posto è stato quindi preso dalla brava Floor Jansen, già cantante degli After Forever e dei ReVamp (nei quali milita ancora), che a differenza di Anette vanta pure ha una formazione lirica al pari di Tarja. Dopo un primo live del 2013 intitolato Showtime, Storytime, Endless Forms Most Beautiful è il primo album registrato in studio con la nuova cantante.

Il disco è stato anticipato dal singolo Elan sorprendentemente morbido a radiofonico con sonorità che ricordano più Man in the Rain di Mike Oldfield che le produzioni passate dei Nightwish. L'album è composto da undici tracce e risulta nel suo insieme molto vario. A pezzi dal suono può duro in chiave puramente metal, come Weak Fantasy e Yours Is An Empty Hope, se ne alternano altri notevolmente più melodici come Our Decades In The Sun e My Walden che dimostrano che quello di Elan non è stato un esperimento isolato. E mentre i brani più duri richiamano alla memoria gli ultimi album della band, sono proprio quelli con forti componenti melodiche a dare un tocco di innovazione in questo disco rispetto al passato.

L'album si chiude con due pezzi decisamente particolari. La decima traccia The Eyes Of Sharbat Gula mischia musica sinfonica ad atmosfere mediorientali e la voce di Floor è del tutto assente e sostituita da vocalizzi corali. L'ultimo brano, intitolato The Greatest Show on Earth dura circa 24 minuti (e va notato che negli album precedenti la massima lunghezza per un brano dei Nightwish era di circa 13 minuti) ed è diviso in cinque sezioni che alternano parti sinfoniche ad altre più propriamente metal; il brano è molto bello in ogni sua componente e Floor dimostra di sapersi muovere bene in tutti  diversi stili in cui si esprime.

Fortunatamente il gruppo ha deciso di escludere dal disco il b-side di Elan intitolato Sagan e dedicato all'astronomo Carl Sagan: brano pessimo, insensato e scadente anche per essere un b-side.

Nel complesso Endless Forms Most Beautiful è un album godibile e di buon livello che non raggiunge i fasti del periodo di Tarja, ma è sicuramente superiore al periodo di Anette. Ma ci resta un ultimo dubbio. Considerato che la grandezza dei primi Nightwish era da imputare in gran parte alla voce di Tarja e che con Anette erano scesi a livelli mediocri, ora che hanno una cantante che si avvicina alla qualità di Tarja non si spiega perché abbiano deciso di farle cantare in lirica solo i primi pochi versi dell'ultimo brano relegandola nel resto del disco a fare cose buone che avrebbe potuto fare qualunque cantante di medio livello. Nonostante l'album sia comunque buono, alla luce di quest'ultima considerazione va in parte considerato come un'occasione sprecata.

mercoledì 25 marzo 2015

Within Temptation - The Q-Music Sessions

Difficilmente gli album di cover diventano pezzi fondamentali della discografia di chi li produce, spesso si tratta di riempitivi nella carriera di chi ha esaurito la creatività e non vuole lasciare grossi buchi temporali nella pubblicazione dei propri album. Ma il caso di The Q-Music Sessions pubblicato nel 2013 dal gruppo olandese dei Within Temptation è sicuramente diverso.

In occasione del quindicesimo anniversario dell'attività della band la radio belga Q-Music ha invitato i Within Temptation a realizzare quindici cover in altrettante settimane da trasmettere all'interno di un programma creato per l'occasione e intitolato Within Temptation Friday. Il successo di pubblico e critica fu tale da convincere la band a raccogliere i brani e realizzarne un album. Il disco contiene solo 11 dei 15 brani registrati poiché per 4 di essi non ottennero i diritti per la pubblicazione (ma sono comunque disponibili per l'ascolto su YouTube).

Stupisce anzitutto la scelta della canzoni da riproporre. Da un gruppo dal passato symphonic metal come i Within Temptation sarebbe stato lecito aspettarsi pezzi tratti dalla storia del rock e del metal, invece il gruppo olandese ha deciso di optare per brani pop recenti, molto radiofonici e di facile consumo. La scelta spazia da David Guetta a Bruno Mars passando per Lana del Rey. Gli unici classici scelti dai Within Temptation sono Behind Blue Eyes degli Who e The Power of Love dei Frankie Goes to Hollywood.

Ma la grandezza di questo disco risiede proprio in questo: i Within Temptation hanno preso dei brani di basso livello, oltre ai due classici immortali, e li hanno trasformati con il loro stile in brani rock di grande presa con le tipiche sonorità delle loro produzioni più recenti, con chitarre forti e la voce di Sharon den Adel che trasforma ogni brano in qualcosa di diverso. Sharon è indubbiamente una cantante straordinaria, in grado di essere forte ed energica in Titanium o Grenade e calda e avvolgente in Let Her Go o Behind Blue Eyes. Passato lo stupore iniziale la scelta dei brani si rivela vincente.

The Q-Music Sessions risulta quindi il disco più immediato e divertente della discografia del gruppo, che di solito si muove in atmosfere molto più seriose. E quando i geni della musica compiono di questi miracoli anche i dischi di cover diventano album fondamentali.

giovedì 19 marzo 2015

Sangre Azul: hair metal fabricado en España

Uno dei gruppi di punta del rock spagnolo sono stati i madrileni Sangre Azul che con la loro commistione di hair metal, AOR e sonorità latine hanno rappresentato una vera perla nel panorama mondiale in quanto unici a produrre quel tipo di musica nella loro lingua madre e non in inglese.

Nati nel quartiere Pinto di Madrid nel 1982 come cover band, iniziarono la loro carriera con la vittoria di un concorso per giovani band nel 1985 e grazie a questo successo ottennero la possibilità di realizzare un album insieme ai gruppi classificatisi in seconda e terza posizione. Consci delle loro possibilità, i Sangre Azul rifiutarono la proposta e decisero di produrre un EP eponimo autonomamente; il disco è composto da sole quattro canzoni e dura meno di venti minuti ma vi si trovano già in stato embrionale alcuni dei pezzi che andranno a comporre il loro primo lavoro intero: El rey de la ciudad e Todo mi mundo eres tu. Il suono è ancora un po' grezzo, ma getta già la basi per quello che sarà lo stile distintivo dei Sangre Azul negli anni seguenti. Nel giro di poco tempo la band vide il primo cambio di formazione con l'uscita del cantante José Castañosa sostituito da Tony Solo che divenne poi la voce di tutti gli album del gruppo.

Con la nuova formazione i Sangre Azul pubblicarono il loro primo LP nel 1987 dal titolo Obsesión in cui il gruppo segue le orme dei più celebri Bon Jovi, Europe, Dokken o Cinderella. Il disco è composto di dieci brani tutti di buona qualità, come nella tradizione dell'AOR, nei quali le sonorità dure delle chitarre elettriche incontrano la melodia delle tastiere tipiche del rock anni '80, sopra a questo tessuto sonoro si innesta la voce potente di Tony Solo che non ha nulla da invidiare ai cantanti delle band blasonate alle quali si ispira. A questa base tipica dell'hair metal si somma la vena latina che contraddistingue la musica della terra di origine del gruppo. Tra i brani del disco spicca la già citata Todo mi mundo eres tu, qui nella sua versione definitiva, che resterà per sempre il loro maggior successo.

L'anno seguente i Sangre Azul stampano il loro secondo LP intitolato Cuerpo a cuerpo che segue la strada impostata dal precedente marcandone maggiormente tutte le caratteristiche principali: uso di tastiere massiccio e incisivo, maggiori passaggi melodici e chitarre ancora più energiche e forti. Anche su questo secondo album tra le dieci tracce non ci sono momenti deboli, tra i brani spiccano comunque la titletrack e Mil y una noches.

Nel 1989 la band pubblicò il loro terzo album intitolato El silencio de la noche che prosegue, sia nello stile che nella qualità, sulla strada dei primi due con una ulteriore svolta melodica. Purtroppo questo fu l'ultimo album della band perché dopo una lunga turnè i Sangre Azul si sciolsero per incomprensioni con la casa discografica e per il declino del genere AOR nei primi anni '90. L'ultimo brano pubblicato dalla band fu Sangre y barrio pubblicato sulla compilation Emision Pirata Vol. 1 del 1991 e da allora i Sangre Azul hanno definitivamente lasciato le scene.

Nonostante siano passati trent'anni dal loro esordio e la loro attività sia durata davvero poco i Sangre Azul restano uno dei migliori gruppi rock del loro decennio e costituiscono un'ulteriore conferma che la Spagna ha saputo produrre musica di altissimo livello, spesso relegata in secondo piano per via della barriera linguistica.

giovedì 12 marzo 2015

Kid Rock - First Kiss

A tre anni di distanza da Rebel Soul, il rocker di Detroit Kid Rock ha datto alle stampe il suo decimo album (undicesimo se si include anche la raccolta con brani inediti The History of Rock) intitolato First Kiss.

Negli oltre vent'anni di attività Kid Rock ha attraversato tre fasi principali. I primi album sono di stampo decisamente rap, ricchi di scratch e campionamenti. Ma il successo commerciale e l'attenzione del grande pubblico gli arrivarono solo in un secondo periodo quando si spostò nel mondo del crossover con capolavori come Devil Without a Cause e Cocky. In questa fase Kid Rock, nel brano Forever, descriveva la propria musica come "I make southern rock and I mix it with the hip hop". Infine, a partire dall'album eponimo del 2003, abbandonò ogni sonorità hip hop per approdare a quelle più country, southern e heartland; a questo periodo appartiene il suo disco di maggior successo: Rock N Roll Jesus trascinato dal singolo All Summer Long.

Robert James Ritche, questo il vero nome di Kid Rock, ha dimostrato di sapersi muovere bene in tutti gli stili con cui si è cimentato con successi del calibro di Bawitdaba, Picture, Rock 'n' Roll Pain Train e la già citata All Summer Long. Ma nonostante una carriera di successi e capolavori, First Kiss manca del suono genuino e naturalmente divertente che caratterizza la produzione passata di Kid Rock e risulta un album poco fantasioso e molto noioso.

La title-track di apertura, rilasciata in singolo alcune settimane prima dell'uscita dell'album, aveva già lasciato qualche dubbio sulla qualità dell'intero disco: brano banale e di maniera con un testo che sembra fatto dagli scarti di All Summer Long. Il resto dell'album si assesta sullo stesso livello con sonorità che sembrano forzate e tanti stereotipi nei testi. I brani degni di nota sono meno della metà, tra di essi Drinking Beer With Dad e Good Time Lookin' for Me, e inoltre quattro brani lenti in un disco di dieci tracce sono decisamente troppi.

Purtroppo First Kiss è una delusione inaspettata e un passo falso nell'ottima carriera del poliedrico rocker di Detroit. Non resta che sperare che al prossimo album torni ai livelli a cui ci aveva abituato.

martedì 3 marzo 2015

Screamin' Jay Hawkins - Somethin' Funny Goin' On

Screamin' Jay Hawkins non è solo un genio della musica blues. I Put a Spell on You è un capolavoro che trascende i generi ed è un classico senza tempo della musica a tuttotondo, come testimoniato dalle numerose cover da parte di artisti afferenti agli stili più disparati, come i Creedence Clearwater Revival e Marilyn Manson.

La grandezza di Screamin' Jay non è limitata ai suoi primi successi degli anni '50, anzi la sua genialità è stata proprio nel saper sfornare album di grande livello durante tutta la sua carriera dimostrando di sapersi adattare a rinnovare per seguire l'evoluzione della musica blues e di trovarsi a proprio agio con le sonorità di ogni periodo che ha attraversato.

Nel 1995 Hawkins ha pubblicato l'album Somethin' Funny Going On dalle forti atmosfere rock blues di quel decennio dimostrando di aver recepito le innovazioni introdotte da band come George Thorogood and The Destroyers. Ciò che colpisce al primo ascolto è l'impatto sonoro della strumentazione: la chitarra, il basso, la batteria e i fiati emergono con forza e sopra di loro si pone chiara e tonante la voce di Screamin' Jay. In particolare la chitarra di Buddie Blue apre ogni brano dando una forte impronta melodica.  Questo aspetto segna una differenza significativa con le prime produzioni di Hawkins in cui la musica, spesso minimalista, non si impone e lascia alle evoluzioni vocali di Hawkins, non a caso definito il primo shock rocker della storia, il compito di dare l'impronta ai brani.

Tra i dieci brani che compongono il disco non ve n'è uno che spicca, la qualità si assesta su buon livello per tutta la durata; I Am the Cool è forse leggermente migliore degli altri, sia per la musica scherzosamente cupa sia per le liriche autocelebrative che sembrano attingere dalla corrente degli artisti hip-hop di quel periodo come LL Cool J e Puff Daddy.

Se c'è una critica che può essere mossa a questo disco è forse che la durata non arriva a 40 minuti, ma per un artista quasi settantenne nato e cresciuto nell'epoca del vinile questo è un peccato assolutamente perdonabile e Somethin' Funny Going On resta una album di riferimento del blues anni '90.